In molti conoscono l’esistenza di un dialogo chiamato “Apologia di Socrate”. Al suo interno, oltre al “Socrate che sa di non sapere”, viene reso noto il particolare valore che Platone attribuisce alla conoscenza posseduta dagli artigiani. Ciò avviene nell’ultimo dei tre momenti che Socrate afferma di aver passato alla ricerca degli ateniesi ritenuti “sapienti”.

Dopo aver messo alla prova i politici e i poeti, egli dice:
«Alla fine andai dai lavoratori manuali (cheirotechnas): mentre per conto mio ero consapevole di non conoscere praticamente nulla, costoro prevedevo di trovarli in possesso di parecchie preziose conoscenze. E qui non mi sbagliavo, nel senso che possedevano nozioni a me ignote e in ciò erano più sapienti di me». (Apol. 22 c – d)

Differenza tra “tecnica” e “scienza”

Per Platone esiste un genere di conoscenza unicamente umano, perciò corruttibile1 e quindi di altro genere rispetto alla più famosa forma della reminiscenza,2 un genere di conoscenza analogo a quella del noto essere divino chiamato Demiurgo presente nel dialogo Timeo: una conoscenza che permette “il fare”.

Se il termine “technikoi” indica in generale gli “esperti ”, il termine “demiurgos” indica il “lavoratore pubblico” (l’artigiano libero, non schiavo), mentre i ”cheirotechnas”, quelli di cui parlava Socrate, sono più in generale tutti coloro che producono attraverso le attività manuali. Il loro sapere è tipico dell’essere umano “di ogni giorno”, cioè che interagisce e apprende attraverso la forma di conoscenza che è l’opinione (doxa), di genere meno precisa rispetto a quella dei matematici e dei filosofi, chiamata invece episteme (scienza).

In questi termini, il sapere pratico, come quello scientifico, si genera a partire dall’esperienza del mondo fisico e materiale ma, a differenza del secondo, conclude il proprio percorso nella manipolazione delle cose su questo stesso piano fisico, ponendosi come scopo l’opera di azioni mirate a produrre effetti e oggetti utili sul piano della vita materiale. Diversamente l’episteme procede dall’osservazione e interazione col mondo fisico verso la conoscenza di enti meta-fisici, ambendo a intuirne i modelli,3 i quali comprendono anche le leggi che governano la realtà fisica. Le scienze producono conoscenza sul mondo come insieme complesso e strutturato, dunque prodotti del solo intelletto e non materiali.

Questa differenza è in qualche misura la stessa che ancora oggi troviamo tra “tecnica” e “scienza”. Solo in tempi molto più recenti queste due hanno sviluppato una reciproca interdipendenza quasi senza soluzione di continuità. Ma questo rimarrà per ora solo uno spunto di riflessione suggerito al nostro lettore.

Caratteristiche del “sapere pratico” e particolarità della tecnica

Rimanendo ancora con Platone, l’utilità (opheleia) è sia l’elemento distintivo che il coronamento stesso delle attività produttive proprie delle forme di “sapere pratico”. Agli occhi del Filosofo sono però più le technai  (discipline e arti tecniche) a contraddistinguersi per la «utilità per la vita»4 che le altre forme di conoscenza pratica.

L’insieme completo delle forme di sapere rivolte al mondo materiale è infatti più ampio e comprende anche le empeiria kai tribé, che per semplicità tradurremo come “esperienze frutto della pratica”. Queste sarebbero l’insieme di quei “saper fare” non governati dal rigore disciplinare. Ma ne tratteremo in un post dedicato.
Per ora, a solo titolo di esempio, pensiamo a chi “è bravo a fare”5 ma non per questo è un esperto (technos) del campo in cui sa invece solamente districarsi. Questo “saper fare” nelle sue declinazioni è una forma del sapere “al portatore”, posseduta dai singoli individui che mostrano avere una certa disinvoltura e/o dimestichezza “nel fare” cose specifiche.

Ciò su cui dobbiamo qui focalizzarci è che la differenza tra technai ed empeiria kai tribé risiede nel modo in cui esse procedono a ottenere un risultato. Le prime lo ottengono attraverso un rigore simile a quello scientifico, perciò strutturato e disciplinato attraverso il metodo della misura e del calcolo, mentre le seconde devono la propria efficacia alla semplice pratica di azioni che l’individuo che le compie ha imparato “per esperienza” essere utili all’ottenimento di un effetto desiderato.

Le technai dunque mirano alla produzione del proprio effetto a partire da una conoscenza riflessiva dell’intelletto nella forma della retta opinione,6 tratta, finalizzata e combinata all’esperienza empirica (empeiria).

Le vere discipline tecniche inoltre generano propri modelli su cui basare la produzione e proseguire la propria ricerca sperimentale. Va notato infatti che tutti gli artigiani si avvalgono di progetti-modelli di partenza per realizzare i propri prodotti (sedie, abiti, calzature etc.); come anche l’architetto progetta lo spazio secondo misure e calcoli precisi, vincolato per la sua realizzazione alle proprietà della materia costruttiva.

Quello del “tecnico” in generale è dunque un sapere misto di esperienza, metodo e teoria, che muove tra gli estremi della doxa e della episteme. Ѐ un sapere insegnabile e quindi oggetto di apprendimento, che per essere ottenuto dunque necessita di esercizio, pratica, sperimentazione e possiede uno scopo produttivo: produce utilità sul piano fisico.
Questo processo conoscitivo pratico determina quelle forme del sapere che confluiscono nelle discipline tecniche, ossia quelle che dotano l’esperienza sensibile di un grado di articolazione teorica e strumentale forte, rivolgendosi all’attività pratica.7

Spunti di riflessione sul mondo della tecnica oggi

Venendo ora a noi, possiamo trovare in questa analisi di Platone molti punti in comune con il modo attuale di concepire e intendere gli elementi distintivi della tecnica rispetto alla “scienza pura”, tanto da aprirci diverse prospettive di riflessione.

Con ogni evidenza il contesto della cultura tecnica è oggi ampiamente mutato. Possiamo notare per esempio che il crescente trasferimento della pratica produttiva dalle mani dell’artigiano verso tecnologie e macchine complesse e automatizzate, per la loro capacità di facilitare, razionalizzare e potenziare la produzione, è sicuramente preferito per fornire una risposta migliore in termini di produzione quantitativa e temporale. Ѐ quel valore che che oggi definiamo “volume della produzione”.8

Questi strumenti complessi sono anch’essi un prodotto della tecnica, sono prodotti per l’appunto tecnologici, e la loro complessità cresce con l’accrescersi della complessità tecnica, che ne ha infatti permesso la loro progettazione e costruzione.
Ma, e ci sono diversi “MA”, allo stesso tempo ciò comporta inevitabilmente che, uscendo dal dominio delle mani dell’artigiano o comunque sfuggendogli dalle mani per la loro complessità d’utilizzo (per cui saranno necessari ulteriori nuovi ruoli “tecnici”), questi strumenti sono in grado di soppiantare le forme della conoscenza individuale specializzata precedente, tramandata attraverso l’oralità e tramandabile attraverso il coinvolgimento pratico attivo.

Il tecnico nel senso professionale è dunque oggi sempre più un “technikos”, ossia uno specialista. Nel nostro ultimo esempio è “un esperto” di strumenti, macchine e istruzione di processi complessi, più che un “cheirotechnos” o “demiurgos”, ossia un lavoratore manuale esperto. Ciò sposta il tecnico verso forme di conoscenza specialistica di “pratica teorica” e nel ruolo di esecutore di singoli processi più che un progettista “con le mani in pasta”.

Dall’altro lato, una reazione alla produzione così impostata e spersonalizzata è la nascita da parte dei singoli individui di forme d’interesse per le pratiche manuali contro quelle automatizzate e per quelle analogiche contro la sempre più diffusa cultura digitale.
Queste fascinazioni per l’attività pratica diretta le vediamo spesso in opera sia nel campo artistico che in quello dilettantistico, con le conseguenti e rispettive aperture di nuove nicchie di tendenza. Così sottratte al circuito di tramandamento diretto obbligato dalla necessità produttiva, queste conoscenze pratiche finiscono per far ricadere la tipologia di conoscenze del loro “portatore” più nel campo di quelle empeiria kai tribé a cui abbiamo accennato che in quello delle technai. Proviamo ora a pensare a quanti eventi vengono creati oggi con l’intento dichiarato di introdurci al mondo della auto-produzione manuale attraverso brevissime esperienze temporali, quali sono i corsi o i “workshop”.

La caratteristica corruttibilità del sapere pratico che individua Platone diventa maggiormente evidente oggi, in un’epoca storica in cui si assiste alla continua interruzione della linea di trasmissione continuativa di conoscenze disciplinari appartenenti al mondo pre-industriale.
Individuarne i motivi è sicuramente un lungo lavoro che non possiamo qui affrontare, ma in sintesi possiamo affermare che questa perdita dei saperi pratici si debba non tanto a una loro intrinseca “obsolescenza” o al loro “superamento” sul piano del sapere tecnico, piuttosto ciò parrebbe avvenire sul piano della sostituzione tecnologica dell’artigiano per i motivi preferibili di sopra detti.

Potremmo affermare anche che, questo fenomeno della perdita e corruzione dei saperi tecnici pre-industriali, non possa derivare esclusivamente dal loro superamento sul piano della attendibilità del “sapere” in sé preso, poiché il più di queste forme tecniche del passato possiedono di fatto un percorso di affinamento e collaudo nettamente più lungo e verificato (esperito) rispetto ai metodi, ai materiali, alle tecniche e alle tecnologie che si sono affermate solo recentemente, nella nostra epoca contemporanea.

Altrettanto si può confermare ancora oggi come intrinseca e ineliminabile quella natura corruttibile che Platone affermava essere propria di queste forme del sapere pratico tecnico. Queste, infatti, se non vengono tramandate, muoiono con i singoli esseri viventi umani che ne sono portatori-detentori. Il loro recupero futuro sarà perciò tardivo, debole o esposto al dilettantismo.

In tal proposito possiamo aggiungere che i contenuti di queste forme del sapere, anche se messi materialmente per iscritto, non potranno per loro natura sopravvivere alle singole vite degli stessi uomini che ne sono detentori praticanti e alla loro personale memoria, laddove si perda quella parte “pratica” da parte di nuovi eredi diretti di questi saperi. Diverrebbero così testimoniate ma anche quel che si dice “lettera morta”.

 

 

 


NOTE

1 Gli esseri umani sono mortali e tutto ciò che gli appartiene come attributo umano è di per sé corruttibile. Nel precedente post “La memoria e la sua corruzione nell’era digitale – A confronto con il pensiero di Platone” sottoponevo a chi ci legge la complessa questione della Memoria e della sua corruttibilità nel pensiero di Platone. In questo presente post emergerà con maggior evidenza il senso della scelta di presentare un tema così complesso. Platone attribuisce infatti ai “saperi pratici” (definizione di comodo e non platonica) la condizione di corruttibilità. Ed è proprio il tema della corruttibilità di un sapere che il lettore dovrà tenere presente mentre affronterà ciò che troverà qui proposto.

2 La reminiscenza o anamnesis è quel processo di risveglio della memoria dell’anima immortale, perciò che rimane identica al di là delle incarnazioni di ciascun vivente mortale. Questa memoria immortale si sopisce con l’unione dell’anima immortale a un corpo fisico (= incarnazione) e il suo contenuto si riferisce a quelle idee di alto grado metafisico, quali sono il Bene, il Bello, la Giustizia etc..

3 “Idea” o “eidos” significa per l’appunto “modello”.

4 Esplicitamente scrive Platone nel Gorgia che «si occupano della nostra vita fisica» (518 a) , costituendo di fatto veri e propri «sistemi che preparano alla vita» (500 b). Ciò emerge anche in particolare nei passi Gorg. 464 b – 466 a; Phil. 58 c, 63 a; Theaet. 177 e.

5 Chi dice cose apparentemente corrette può essere un sofista e non un tecnico o uno scienziato. Chi esegue belle armonie può essere un musico ma non un musicista. Chi sa creare belle pietanze può essere un cuoco ma non un dietologo. Insomma, non sempre chi appare padroneggiare un argomento o una pratica lo fa sulla base di una conoscenza strutturata, rigorosa, “disciplinata”.

6 La “retta opinione” è quella forma di conoscenza che deve la propria corrispondenza al mondo fisico per una corretta intuizione, nel senso che “ci azzecca” rispetto all’oggetto di cui si occupa. In breve, si dà retta opinione quando per “averci visto bene” o “averci dedicato particolare impegno sperimentale” si ottiene un risultato ricercato. Ad esempio, anche i politici che reggono le città in modo retto lo fanno non per scienza ma per retta opinione, afferma Socrate in Men. 99 a – e.

7 Nella lettura che dà Platone, questo sapere misto è in generale quello che esprime la condizione dell’essere umano, del vivente mortale le cui funzioni riflessive, a partire dalla episkepsis («indagine» o «valutazione») e poi col logismos (facoltà del calcolo e della misurazione), sono volte al campo operativo sul solo piano empirico.

8 Il “volume della produzione” è quel valore complessivo di beni e servizi che un’azienda è stata in grado di produrre con le risorse disponibili in un determinato periodo di tempo. Più aumenta, più è possibile abbassare il costo medio di ogni singola unità di prodotto, rendendola più competitiva sul mercato economico.

Autore

  • Fabio Talloru

    Dottore magistrale in Scienze Filosofiche, è un artista multidisciplinare, musicista e sound designer. La sua indagine sulla Tecnica e sulla Tecnologia prende i passi dalla Filosofia di Platone e dalle Filosofie Presocratiche, con l’utilizzo di prospettive socio e antropologiche. Tra Milano, Sardegna, Dolomiti, porta avanti la sua ricerca mettendola in pratica attraverso la realizzazione dei propri lavori artistici. https://fabiotalloru.com/

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