I floppy disk non si producono più dal 2011. 

Ma il Governo giapponese ha deciso solo nel mese di giugno – sì, del 2024 – di abolirne l’uso in tutti i suoi sistemi. In Giappone, infatti, fino a quest’estate, erano in vigore 1.034 leggi che regolavano – in alcuni casi imponevano – l’utilizzo dei floppy disk nelle funzioni burocratiche. 

Strano Paese, il Giappone, avanzatissimo per molti aspetti ma spesso ancorato a strumenti di altri tempi come i floppy disk e gli hanko, dei timbri tradizionali personalizzati ancora usati per vidimare i documenti e che hanno suscitato molte critiche, per esempio, durante la pandemia, perché il conteggio dei contagi e dei vaccini avveniva ancora via fax e il lavoro da casa era stato molto rallentato dalla necessità di uso dei timbri.

Sembra, però, che anche per il Giappone sia arrivato il momento di provare ad allinearsi alle politiche e regolamentazioni che stanno adottando la maggior parte delle nazioni occidentali e “occidentalizzate” per promuovere la trasformazione digitale nei loro paesi. 

Le principali e più diffuse linee guida di queste politiche sono: programmi di sviluppo delle competenze digitali di dipendenti pubblici imprenditori e cittadini, integrazione del curriculum digitale per integrare competenze e abilità digitali nei programmi delle scuole pubbliche, iniziative di e-Government, cioè politiche e regolamenti per digitalizzare i servizi pubblici e promuovere l’adozione dei servizi sui canali digitali, sandbox regolamentati per consentire la sperimentazione e l’innovazione con nuove tecnologie digitali, garantendo al contempo la coerenza con regolamenti generali già esistenti come il GDPR, sussidi e incentivi finanziari e incentivi per promuovere il passaggio al digitale di processi di piccole e medie imprese (PMI). Oltre a questo, molti governi hanno implementato misure punitive, multe e sanzioni, per scoraggiare le PMI e i terzi dall’evitare o rifiutare di partecipare agli sforzi di trasformazione digitale.

In quasi tutti i governi di tratta di un approccio poliedrico che coinvolge lo sviluppo delle competenze, l’erogazione di servizi pubblici digitali, quadri normativi e incentivi finanziari/punitivi per guidare e accelerare la trasformazione digitale delle loro economie e società. L’obiettivo è sbloccare i benefici delle tecnologie digitali gestendo al contempo i rischi e le sfide associate al cambiamento.

L’iniziativa del governo Giapponese sull’abolizione dei floppy disk si inquadra nelle misure di e-Government finalizzate a – finalmente – digitalizzare i propri servizi pubblici in modo aperto e promuoverne l’adozione nella società. 

Questa decisione può avere effetti:
– sull’interoperabilità, che consente di sfruttare meglio e senza soluzione di continuità gli standard tecnici già condivisi, i modelli di dati le e interfacce di servizio che consentono alle diverse agenzie governative di trasmettere informazioni e condividere iniziateive in modo più semplice. Ad esempio, il Quadro Europeo di Interoperabilità dell’Unione Europea fornisce linee guida per raggiungere l’interoperabilità transfrontaliera e transettoriale.

– sull’erogazione di servizi ai cittadino: rendere i canali digitali l’opzione predefinita per accedere ai servizi pubblici, pur fornendo alternative offline per chi ne ha bisogno, richiede di abbandonare le tecnologie desuete che ne bloccano o rallentano i processi. Il principio del “once-only” USA secondo cui i cittadini devono fornire le informazioni al governo una sola volta, è un esempio di questo approccio.

– lo stesso vale per la graduale eliminazione dei servizi offline come la digitalizzazione di moduli, pagamenti e altri processi amministrativi per ridurre la dipendenza dalle interazioni di persona. Ad esempio, l’Estonia ha reso il 99% dei suoi servizi pubblici disponibili online.

Lo scopo comune di queste iniziative di e-government – come l’abolizione dei floppy disk – è migliorare l’efficienza e l’accessibilità dei servizi anche promuovendo un maggiore coinvolgimento dei cittadini, con il meta-obiettivo di sbloccare i benefici della trasformazione digitale sia per i governi che per il pubblico.

Tuttavia, questo è possibile se – da una parte – non ci sono di mezzo tecnologie fisicamente localizzate come i floppy disk e se – dall’altra – una parte molto rilevante della popolazione ha compiuto una buona parte del percorso di integrazione di competenze e abilità digitali.

Ogni azione di sviluppo digitale non può prescindere da un intenso lavoro di scolarizzazione e di diffusione degli strumenti e delle attitudini intellettuali nella popolazione sia quella nativamente digitale che quella che non lo è.

Infatti, «I nativi digitali italiani non sono tanto digitali. Solo il 58,3% dei giovani tra 16 e 19 anni, infatti, nel 2021 possiede competenze adeguate» e della popolazione italiana tra i 16 e i 74 solo il 45% ha competenze di base e il 22% ne di avanzate.

Rimuovere le tecnologie desuete è importante ma più importante è trovare delle leve e delle motivazioni per “arruolare” chi ha meno competenze in percorsi di graduale apprendimento, che non saranno immediati ma richiederanno tempo. 

E adeguare tempi e aspettative dei programmi governativi a questi tempi di trasformazione delle persone.

Autore

  • Alessio Panella

    Ingegnere elettronico, manager in una multinazionale, matematico e scrittore. Cerca l’intelligenza nell’intelligenza artificiale. E forse la trova: o tutto è intelligenza oppure niente lo è.