Tocca parlare di nuovo di un orso – ucciso “col favore delle tenebre”, come si direbbe in gergo giornalistico e senza, tuttavia, sbagliarsi – dal Presidente della Provincia Autonoma di Trento con l’aiuto della scienza che pretende di essere politicamente e moralmente neutrale.

I FATTI

Il 16 luglio scorso un’orsa, con un piccolo vicino, aggredisce e ferisce un turista francese che percorre il Sentiero degli scaloni, nei pressi di Dro, in Trentino. L’orsa sembra essere l’esemplare femmina, madre di 3 cuccioli, chiamato in codice KJ1.

Il giorno dopo, il Presidente della Provincia Autonoma di Trento delibera “la rimozione tramite uccisione (abbattimento)” dell’orsa KJ1 perché pericolosa per l’incolumità pubblica e perché non c’è il tempo per altre misure.

La misura di rimozione – attenzione, non di uccisione – è giustificata dal parere dell’ISPRA[1], secondo la valutazione del PACOBACE – Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali, che classifica l’orsa come esemplare ad alta pericolosità.

A sostengo di questa ordinanza c’è il fattore tempo: la Provincia ritiene che non ne ce ne sia abbastanza per catturare l’orsa, metterle un radiocollare ed eventualmente trasferirla in altre zone o in cattività, senza pregiudicare la sicurezza dei cittadini e dei turisti.

Il 19 di luglio, il TAR di Trento accoglie il ricorso di gruppi di ambientalisti[2] e blocca il decreto di uccisione perché «senza alcuna possibile alternativa e senza un accertamento definitivo dell’effettiva riconducibilità dell’aggressione all’orsa KJ1», riporta Il Fatto Quotidiano. in sostanza, il Tribunale Amministrativo contesta l’assenza di sufficienti ragioni di merito per l’uccisione.

Nei giorni successivi si ripete il copione: la Provincia di Trento (PAT) emette una seconda ordinanza di uccisione e il TAR di Trento si ripete nel bloccarla poiché – seppur accogliendo la necessità di garantire la sicurezza ai cittadini – non riscontra la necessità della misura estrema dell’uccisione.

Il TAR sottolinea anche l’esigenza di preservare la sicurezza con maggiori misure di prevenzione quali una maggiore informazione e l’eventuale chiusura delle aree in cui si muove l’orsa giudicata pericolosa.

In media res: il 23 luglio l’orsa viene catturata in una trappola a tubo nell’Alto Garda, le prelevano campioni di DNA e le viene apposto il radiocollare. L’esame del DNA è compatibile con quello rinvenuto nel luogo dell’aggressione, a prova del fatto che KJ1 possa essere stata effettivamente l’autrice dell’aggressione.

Ultimo, triste e inevitabile atto: il 29 luglio – si dice in tarda serata –  il Presidente della PAT, con un uno-due degno di Mohammed Alì, questa volta non lascia tempo alla reazione ambientalista, delibera per la terza volta la rimozione per uccisione dell’orsa e nella mattinata del 30 luglio una squadra del Corpo forestale la uccide.

LA POSIZIONE DELL’ISPRA

L’ISPRA, autore, depositario, interprete e attuatore del Piano Regionale per la Conservazione dell’Orso Bruno, segue i criteri di valutazione della pericolosità degli orsi contenuti nel piano e – a differenza di altri casi di cui abbiamo già parlato – li contestualizza, integrandoli con la “storia personale” dell’orso, fino a definirne il grado di pericolosità. KJ1, in ragione dell’evento del 16 luglio, di 68 casi di danni a cose e 7 altri incontri in cui non sembra aver dimostrato quella paura che garantisce la tranquillità degli umani[3], è classificata “ad alto rischio” e se ne consiglia l’immediata rimozione.

La rimozione, dice il Piano d’Azione – dice l’Ispra, in sostanza – può essere effettuata tramite tre opzioni di intervento:
– cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radio marcaggio;
– cattura per captivazione permanente;
abbattimento.

L’Ispra non va oltre e lascia all’Autorità, al Soggetto Decisore «di potersi muovere con adeguata autonomia per la realizzazione d’interventi il più possibile preconfigurati e codificati» evitando che «a causa di ritardi decisionali connessi ad aspetti burocratici e/o organizzativi, gli stati di crisi degenerino in situazioni che possono rivelarsi pericolose per la sicurezza e l’incolumità pubblica».

Il decisore – in questo caso – è la Provincia Autonoma di Trento, nella persona del suo Presidente.

LA POSIZIONE DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

Cercando di evitare l’ovvia (e, dal mio punto di vista, giusta) retorica e polemica nei confronti di quella che appare una guerra personale del rappresentante della Provincia contro gli orsi, un’analisi lucida delle ragioni del Presidente della PAT[4] fa emergere tre criteri morali che hanno ispirato la sua azione:

  • il primo criterio, espresso esplicitamente, è la sicurezza, la salvaguardia e l’incolumità di “chi vive nelle nostre valli” e “dei nostri ospiti
  • il secondo criterio che emerge è la tutela dell’economia della Provincia di Trento, in cui il turismo gioca una parte molto significativa e il “rischio orsi” può farne diminuire l’appeal

Da qualunque punto di vista, l’istanza morale del Presidente della PAT è comprensibile e condivisibile: incolumità delle persone e salvaguardia del turismo – una delle principali risorse economiche della zona[5] – sono obiettivi chiave per la politica locale a cui riesce difficile obiettare.

È interessante[6] – però – che nell’ordinanza di uccisione di KJ1 si ritrovi anche il riferimento alla «sfera soggettiva dell’animale», come valore da perseguire.

Tuttavia, la scala di valori morali del Presidente vede dichiaratamente la «vita e l’incolumità dell’uomo» come «assiologicamente superiori rispetto alla vita di un animale».

Il Presidente della PAT giustifica, quindi, in questo modo la sua scelta morale di rimuovere l’orsa dal territorio attraverso l’uccisione e non con una delle altre possibili misure: il pericolo per la vita dei cittadini e dei turisti, che è – a suo avviso – di maggior valore di quella dell’animale non umano.[7]

EPPURE C’È QUALCOSA CHE NON QUADRA

Primo: in questa storia emerge che la Scienza – impersonificata nell’Ispra, nel Piano PACOBACE e nei suoi specialisti di ambiente e di etologia – si nasconde dietro alla cortina della neutralità, fermandosi alla valutazione della pericolosità, lodevolmente contestualizzata, e al suggerimento della rimozione.

Non prende, tuttavia, posizione sul “come”: trasferimento, cattività e morte sembrano essere soluzioni alla pari, senza differenze sostanziali e morali; le conseguenze della classificazione vengono lasciate alla politica.

Viene naturale pensare che, se si trattasse di un criminale umano, neuroscienziati, psichiatri ed esperti di diverse discipline scientifiche avrebbero molto da eccepire su questa normalizzazione compiuta dall’Ispra: come dire che l’allontanamento, il carcere e la pena di morte sono la stessa cosa, decida pure il Governo cosa fare di costui!

Un’occasione persa: la scienza, l’Ispra, potrebbe bene fare un passo di più, dare indicazioni su quale delle scelte sia più opportuna, tenendo conto sia della sicurezza degli umani che della sfera soggettiva dell’animale non umano (tutelata, tra l’altro, dalla costituzione e dal Codice penale), invece che arroccarsi in questa presunta neutralità e indipendenza morale, protetta dalla disciplina e dai suoi meccanismi esatti.

Secondo: La decisione del Presidente della PAT, che presenta un lato assolutamente condivisibile (chi vorrebbe mettere a rischio i propri concittadini e la loro economia?) è apparentemente giustificata dal principio del primato della vita umana rispetto a quella animale ma, in realtà, fa una torsione di questo principio mettendo a confronto due “oggetti” non commensurabili: il rischio (ipotetico) per l’umano e la morte (certa, per decreto) dell’animale. E di questa torsione dà pure ampia giustificazione nel decreto: «La vita di un animale pericoloso, nelle circostanze date, non può che ricoprire una valenza recessiva rispetto, non tanto e non solo alla vita e all’incolumità dell’uomo, quanto piuttosto al solo pericolo latente e concreto che detto animale possa reiterare attacchi nei confronti dell’uomo stesso».

Il pericolo “latente e concreto” – ma non così concreto da essere prevedibile e inevitabile con misure diverse dalla morte – diventa – in modo perverso e ingiustificato – un termine fondamentale dell’equazione che porta all’uccisione dell’orsa e all’abbandono dei suoi piccoli.

Terzo: il 23 luglio l’orsa KJ1 era stata catturata e le era stato messo il radiocollare. Cadeva così la necessità di fare in fretta, poteva essere trattenuta, trasferita o messa in cattività.

Poteva non essere uccisa: un’altra occasione persa.

Quarto ed ultimo punto: il Presidente della PATi, con il suo uno-due – ordinanza e uccisione – tra la sera del 29 e la mattina del 30 luglio, impone il primato dell’azione di potere sopra ad ogni posizione avversa e si fa beffe della giustizia amministrativa[8], delle istanze morali di chi sostiene la causa della soggettività dell’animale, delle valutazioni scientifiche alternative e della propria stessa dialettica di stampo scientifico[9] che dovrebbe accettare il dibattito e il confronto aperto, articolato e alla luce del sole.

Ancora un’occasione persa, quella di affrontare in modo democratico la discussione tra scienza, politica e morale.

 

 

NOTE

[1] Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, un ente pubblico di ricerca, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, e di autonomia tecnica e scientifica

[2] L’istanza è stata presentata da Leal e Lav, cui si sono immediatamente uniti Aidaa, Enpa e Oipa

[3] È bizzarro: mi hanno insegnato fin da piccolo, quando iniziavo ad andare per montagne, e ho sempre pensato che dobbiamo essere noi, animali umani, ad aver paura degli orsi e dei lupi e che questa paura dovrebbe tenerci lontani da loro e dai guai, come si fa – ad esempio – in Abruzzo (vedi…)

[4] Si vedano, ad esempio: il DECRETO DEL PRESIDENTE della PAT N. 81 DI DATA 29 Luglio 2024,

[5] Il turismo trentino vale circa 1,5 miliardi di euro e rappresenta il 10% del PIL della provincia; si veda: http://www.statistica.provincia.tn.it/news/

[6] La categoria dell’”interessante” – nata nell’800 e oggi espressione meno frequente – è stata un criterio valoriale importante per tutti gli anni ’70 e ’80, soprattutto nel giudizio di lavori artistici e letterari; può essere di interesse studiarne l’origine, l’applicazione e la critica in Kierkegaard, nei “Diari del Seduttore”, di cui è indiscussa protagonista. L’“interessante”, categoria della riflessione, si delinea in quanto sorprendente, contemporaneamente armonico e disarmonico, possibilità del dis-uniforme.

[7] Dietro a questa posizione che è condivisa da molti ed ha una grande rilevanza storica e culturale c’è una storia filosofica e scientifica di secoli, che parte dall’Antica Scrittura – “Tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra” (Genesi 1:28) – evolve nella Scolastica e viene codificata dalla fisiologia cartesiana in poi. È indubbio che – quando ritenuta scientifica – abbia tratti di origine sociale, politica, religiosa.

[8] Giustizia amministrativa, il TAR, di cui la stessa Provincia dice «un baluardo di giustizia per i cittadini e spesso di giustezza dell’operato provinciale, nella convinzione che l’efficienza, la correttezza e la concretezza dell’azione amministrativo siano fattori di progresso per tutta la nostra comunità» https://www.ufficiostampa.provincia.tn.it/Comunicati/I-40-anni-del-Tar-di-Trento-un-baluardo-di-giustizia-per-i-cittadini

[9] Si veda ancora l’ordinanza di abbattimento DECRETO DEL PRESIDENTE della PAT N. 81 DI DATA 29 Luglio 2024

Autore

  • Gianluca Fuser

    Laureato in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Milano e manager. Scrive appunti sul rapporto tra scienze, tecnologie e morale anche quando pedala come un pazzo, la domenica mattina. A volte dice di lavorare.