La geotermia è generalmente considerata una fonte di energia rinnovabile e sostenibile, poiché sfrutta il calore naturale della Terra, che dal nucleo si diffonde attraverso il mantello e la crosta fino alla superficie. Questa energia può essere impiegata sia per la produzione di elettricità sia per il riscaldamento. In Italia, tuttavia, il caso del Monte Amiata, in Toscana, rappresenta un esempio emblematico di conflitto tra sostenibilità ambientale, sviluppo energetico e diritti delle comunità locali. Situato tra le province di Grosseto e Siena, il Monte Amiata è un ex vulcano che ospita impianti geotermici gestiti da ENEL Green Power. La geotermia ha una lunga tradizione in Toscana, con i primi impianti costruiti nei primi anni del Novecento a Larderello (Pisa). Se in alcune aree della regione questa forma di energia è stata considerata un’opportunità di sviluppo, sul Monte Amiata ha suscitato una forte opposizione. Tale conflitto si è intensificato ulteriormente dopo che la Regione Toscana ha annunciato nuovi piani per espandere la costruzione di centrali geotermiche sul territorio. Le principali preoccupazioni riguardano l’impatto ambientale e sanitario, poiché le emissioni di sostanze come arsenico, mercurio e anidride carbonica sollevano dubbi sulla sicurezza della popolazione e sulla tutela della biodiversità locale.

IL DIBATTITO SCIENTIFICO: DATI E INTERPRETAZIONI CONTRASTANTI

Le principali controversie legate alla geotermia sul Monte Amiata riguardano tre aspetti: 1) l’impatto ambientale degli impianti; 2) le conseguenze sulla salute della popolazione; 3) gli effetti sull’economia locale.

Le associazioni e gli attivisti contestano la presunta sostenibilità della geotermia nella zona, denunciando il rilascio in atmosfera di sostanze inquinanti come arsenico, idrogeno solforato, mercurio e grandi quantità di CO₂.

Sul piano sanitario, le preoccupazioni sono aumentate dopo la pubblicazione di uno studio del CNR di Pisa (ARS Toscana 2010), che ha evidenziato nei comuni del Monte Amiata con attività geotermiche un tasso di mortalità maschile superiore di circa il 13% rispetto ai comuni vicini. Tuttavia, ENEL, l’amministrazione regionale e alcune associazioni tecniche negano una correlazione diretta tra queste statistiche e la produzione geotermica. In risposta alle proteste, ENEL ha introdotto nei suoi impianti i filtri “AMIS”, progettati per ridurre le emissioni di mercurio e idrogeno solforato. Tuttavia, le associazioni ambientaliste ritengono che questi filtri non siano sufficientemente efficaci nell’eliminare molte altre sostanze inquinanti.

Sul piano economico, gli oppositori della geotermia temono che lo sfruttamento energetico comprometta le risorse naturali e il paesaggio, mettendo a rischio il turismo e le attività agricole, pilastri dell’economia locale. Il Monte Amiata è infatti un’area di grande valore paesaggistico e agricolo, nota per la produzione di vino, olio, castagne e altri prodotti tipici. Secondo i critici, la geotermia ha avuto un impatto minimo sull’occupazione locale – contrariamente a quanto sostenuto da ENEL e dalla Regione Toscana – ma ha invece danneggiato i settori economici tradizionali della zona.

LE RADICI DEL CONFLITTO: DIVERSI TIPI DI ATTACCAMENTI AL TERRITORIO

Oltre agli aspetti scientifici, il dibattito sulla geotermia del Monte Amiata ha una forte dimensione sociale e politica. Le comunità locali, organizzate in comitati, esprimono un profondo senso di solastalgia (Lampredi, 2024) – l’angoscia di non sentirsi più a casa pur essendo ancora a casa, causata dal degrado o dalla trasformazione dell’ambiente naturale a cui una persona è emotivamente legata, spesso dovuta a cambiamenti climatici, industrializzazione o disastri ambientali. La percezione di essere escluse dai processi decisionali ha alimentato il conflitto, rafforzando la sfiducia nei confronti delle istituzioni e delle aziende coinvolte.

Sul piano politico, la Regione Toscana ha continuato a sostenere l’espansione della geotermia, minimizzando il conflitto e definendolo un “non-conflitto”. L’opposizione locale è stata spesso ridotta a una reazione emotiva e classificata come un caso di sindrome NIMBY (Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile”). Tuttavia, le proteste e le azioni legali intraprese dai comitati locali hanno rallentato l’approvazione di nuovi impianti e portato la questione al centro del dibattito pubblico.

Per comprendere il conflitto, è fondamentale considerare i diversi legami che le parti coinvolte hanno con il territorio. Gli oppositori della geotermia sono spesso agricoltori, operatori termali, proprietari di agriturismi e piccoli imprenditori, la cui sussistenza dipende dalla tutela dell’ambiente locale. Per loro, il Monte Amiata non è solo una risorsa economica, ma un luogo profondamente legato alla loro storia familiare e alla loro identità. Al contrario, i promotori della geotermia, che detengono un maggiore potere decisionale, affrontano la questione da una prospettiva principalmente tecnica. Il conflitto riflette quindi anche uno scontro tra coinvolgimento diretto e distacco dal territorio, influenzando il modo in cui la risorsa geotermica viene promossa, accolta, contrastata e negoziata

LA “MONTAGNA MADRE”: UN LEGAME ANTICO E SPIRITUALE

Già nell’antichità, gli abitanti del luogo chiamavano il Monte Amiata “Montagna Madre” per il sostentamento che ha garantito alle famiglie della zona per generazioni, grazie alla ricchezza della sua biodiversità. Inoltre, il suo aspetto spirituale è di primaria importanza, poiché il calore della terra ha ispirato un legame profondo e secolare tra la montagna e i suoi abitanti. L’idea della Montagna Madre ha origini antiche e affonda le sue radici non solo nella storia cristiana del luogo, ma anche in quella etrusca. Per gli Etruschi, infatti, la vetta del Monte Amiata era considerata la dimora del dio Tinia, assimilabile a Zeus nella mitologia greca e a Giove in quella romana. L’immagine sottostante (figura 1) raffigura l’Allegoria del Monte Amiata, un dipinto di Nasini situato nell’abbazia di Abbadia San Salvatore, uno dei borghi più attivi dal punto di vista geotermico della montagna.

Figura 1: “Allegoria del Monte Amiata”, F. Nasini, abbazia di San Salvatore (foto di Cesare Moroni)

Il Monte Amiata ospita inoltre Merigar, uno dei più importanti centri tibetani d’Europa. Il suo nome, che significa residenza della montagna di fuoco, richiama esplicitamente il passato vulcanico della zona. La montagna è quindi un luogo di culto per diverse tradizioni religiose, non solo cristiane, tutte in qualche modo legate al calore sotterraneo che caratterizza il territorio.

È impossibile non notare l’evidente legame simbolico tra il calore della montagna, che per generazioni ha nutrito la biodiversità e garantito la sussistenza delle comunità locali, e il suo sfruttamento attuale per alimentare le centrali geotermiche, inserendolo in logiche economiche più ampie.

CONCLUSIONE

Il caso della geotermia sul Monte Amiata dimostra che la transizione ecologica non può essere ridotta a una semplice questione tecnica ed economica, ma deve includere anche le percezioni e le esigenze delle comunità locali. Il dibattito scientifico rimane aperto, con studi che offrono dati contrastanti sugli impatti ambientali, economici e sanitari degli impianti geotermici.

Per evitare conflitti e garantire una transizione energetica equa e sostenibile, è fondamentale adottare processi decisionali inclusivi, che favoriscano un confronto trasparente tra esperti, istituzioni e cittadini. Solo attraverso un approccio partecipativo sarà possibile trovare un equilibrio tra innovazione tecnologica, tutela ambientale e giustizia sociale

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

ARS Toscana. 2010. Geotermia e Salute. https://www.ars.toscana.it/geotermia-e-salute/dati-estatistiche/1728-progetto-di-ricerca-epidemiologica-sulle-popolazioni-residentinellintero-bacino-geotermico-toscano-ottobre-2010.html

Lampredi, G. (2024). Solastalgia as Disruption of Biocultural Identity. The Mount Amiata Geothermal Conflict. Society & Natural Resources37(11), 1508-1527.

Autore

  • Giacomo Lampredi

    Assegnista di ricerca in sociologia presso il Dipartimento di Filosofia "Piero Martinetti" dell'Università Statale di Milano. I suoi studi si concentrano sulla sociologia delle emozioni, l’etica della cura e i processi di politicizzazione della vita civica.