Buongiorno Emanuele. Tu – nel tuo percorso di dottorato – ti stai occupando degli ecosistemi nell’ambiente urbano e delle possibilità di quantificare i benefici che questi generano in favore degli esseri umani.
Recentemente abbiamo sentito parlare – per lo più in ambienti istituzionali – di NBS, di Nature Based Solutions, a proposito – ad esempio – di come affrontare le emergenze come alluvioni, frane e siccità.

Puoi darci un’idea concreta di cosa sono le NBS?

La nozione di “Soluzioni Basate sulla Natura”, il cui acronimo è “NBS”, raffigura l’attuale ricerca di nuovi approcci per perseguire lo sviluppo integrando, in modo equilibrato, obiettivi sociali, ambientali ed economici. 

Per chiarirne il senso possiamo usare alcune fonti istituzionali illustri come la Commissione Europea ed Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), che rappresenta la principale autorità ambientale globale.

La prima qualifica le NBS come “soluzioni ispirate e supportate dalla natura, efficaci dal punto di vista dei costi, che forniscono benefici ambientali, sociali ed economici e contribuiscono a costruire la resilienza”.

La seconda fonte, invece, fornisce la definizione più attuale e completa per descrivere le NBS. Nello specifico, l’UNEP le riconosce come “azioni volte a proteggere, conservare, ripristinare, utilizzare in modo sostenibile e gestire ecosistemi terrestri, d’acqua dolce, costieri e marini naturali o modificati che affrontano le sfide sociali, economiche e ambientali in modo efficace e adattivo, fornendo contemporaneamente benessere umano, servizi ecosistemici, resilienza e benefici per la biodiversità”.

Queste definizioni identificano l’equilibrio tra le diverse dimensioni come elemento chiave e imprescindibile. Le NBS, infatti, non rappresentano sicuramente la panacea per le crisi climatiche e ambientali, ma, se ben progettate e implementate, a livello locale possono generare molteplici benefici su tutte e tre le dimensioni obiettivo: ambientale, sociale ed economica.

Perché è opportuno affrontare temi come – ad esempio – il dissesto idrogeologico, e le alluvioni che spesso ne conseguono, affidandosi a queste metodologie e non puntando – invece – su altre soluzioni più “ingegneristiche”? 

La risposta non è semplice e per nulla scontata. Come accennato poco fa, se le NBS venissero ben progettate, nonché integrate con la pianificazione a livello locale, dovrebbero essere costruite, sviluppate e inserite nel paesaggio circostante per aiutare a proteggere, ripristinare e gestire in modo sostenibile gli ecosistemi naturali e modificati nel processo; inoltre, allo stesso tempo dovrebbero risultare economicamente vantaggiose nonché fornire benefici sociali, ambientali ed economici a lungo termine.

La loro grande innovazione sta proprio nell’elaborare una visione completa e a lungo termine, concetto che risulta sempre un po’ ostico da assimilare. L’essere umano infatti, nella sua storia, ha sempre avuto la tendenza a massimizzare il profitto ottenibile da una specifica risorsa, meglio se in tempi brevi. Questa logica, se osservata da un punto di vista individuale, risulta difficilmente confutabile ma, se analizzata da un punto di vista più ampio come quello di “comunità” in cui noi tutti viviamo, mostra facilmente segni di debolezza.

Lo scienziato e scrittore Nicholas Amendolare, nella sua “tragedy of the commons”, descrive in modo chiarissimo il motivo per il quale una visione individualista non sia più perseguibile da una specie complessa e sociale come quella umana. Egli approfondisce il dilemma in cui individui, agendo autonomamente e razionalmente in base al proprio interesse, sfruttano in modo eccessivo una risorsa comune e condivisa, portandola al suo esaurimento. Infatti, quando tutti cercano di ottenere il massimo beneficio personale senza considerare l’impatto cumulativo delle proprie azioni, la risorsa viene sovrasfruttata, riducendo o addirittura impedendo così la capacità futura per tutti di poterne trarre beneficio.

La mancanza di regolamentazione o di gestione collettiva delle risorse comuni – come pascoli, foreste, pesci nei mari, o l’atmosfera – porterà facilmente ad una vera e propria “tragedia” con conseguenti implicazioni sociali e morali. Proprio per questo, le NBS rappresentano uno strumento importante e, forse, irrinunciabile, in quanto permettono di conciliare lo sviluppo umano, senza però esaurire irreversibilmente le risorse che l’ambiente ci offre, garantendo pertanto un maggior beneficio collettivo.

Puoi farci un esempio? 

Certamente: una vecchia piazza urbana, magari con pavimentazione rovinata e deteriorata, potrebbe essere il soggetto ideale per un progetto di rigenerazione che voglia adottare la metodologia NBS. Analizzando specificatamente le condizioni ambientali che la caratterizzano, le dinamiche sociali e politiche locali e identificando la visione del pianificatore a lungo termine, è possibile progettare la sua riurbanizzazione in modo da ottenere benefici sociali, economici e ambientali. Sostituendo, ad esempio, i materiali della pavimentazione – vecchi e danneggiati – con materiali nobili, che assorbano meno calore, si potrebbe migliorare esteticamente la piazza e contemporaneamente diminuirne l’effetto “isola di calore”, migliorando quindi le condizioni di vita per umani, piante e animali. Oppure, inserendo delle zone verdi, non solo si creano aree di sviluppo e mantenimento della biodiversità ma – sicuramente – si facilita l’assorbimento delle acque meteoriche, riducendo il rischio di allagamenti e inondazioni che sempre più spesso provocano danni (anche economici) alle nostre città. 

Per concludere, le NBS possono essere un ponte che collega obiettivi apparentemente molto distanti tra loro; tuttavia, per evitare che siano solo bellissime idee, è necessario che siano progettate e pianificate con la dovuta attenzione e cura.

Autore

  • Emanuele Asnaghi

    Laureato presso il corso di Scienze e tecnologie per l’Ambiente ed il territorio presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha successivamente svolto un anno di borsa di ricerca nell’analisi del Soundscape acustico. Vincitore poi di un bando di dottorato, studia e analizza gli ecosistemi in ambiente urbano, con l’intento di individuare la metodologia ottimale per quantificare i benefici che quest’ultimi generano in favore degli esseri umani.