Oggi, il rapporto tra arte e scienza è oscurato e perduto. L’han detto e scritto in molti: Feyerabend e Thomas (1989), Greco (2013), Odifreddi (2023), solo per citare che pochi autori. Un tema enorme, su cui un post può solo abbozzare alcune considerazioni.
Nel 1929, Norbert Wiener, il matematico che sarebbe poi diventato noto come il padre della cibernetica, affermava che la scienza dei numeri è, in senso stretto, un’arte. Secondo Wiener, la matematica poteva (e doveva) essere considerata parte integrante della storia dell’arte (Odifreddi 2023).
Sul rapporto benefico tra arte e scienza ci sono moltissimi esempi, dalla storiografia alla musica, dall’architettura e alla fisica e alle neuroscienze. Eppure, l’età scientista in cui stiamo vivendo tende a trascurarlo o a nasconderlo. Questa visione scientista è stata contrastata dalla controversia scatenata dallo scrittore e fisico inglese Charles Percy Snow, con il suo libro Le Due Culture e la rivoluzione scientifica (1959). Con esso Snow denunciava la crescente frattura tra la cultura scientifica e quella umanistica. La sua accusa risuonò con forza tra molti intellettuali, poiché questa separazione era estranea a figure come Dante, Galileo, Empedocle, Leonardo, Cartesio, Goethe, Einstein, gli anonimi architetti delle cattedrali gotiche e Michelangelo. Ancora oggi, questa divisione è sconosciuta ad artigiani esperti e fisici che affrontano i misteri dell’ignoto (cfr. Greco 2013).
Per mostrare concretamente l’utilità di questa sinergia, farò tre esempi.
SINERGIE TRA ARTE E MEDICINA
Non è sempre facile stabilire quando alcune malattie sono sorte per la prima volta. A tal fine i romanzi ci ha fornito informazioni importanti relativamente alla peste, il colera, il vaiolo etc. che si sono manifestati nel corso dei secoli. La pittura è un’altra fonte inesauribile. Infatti, nei personaggi ritratti nei quadri si possono ritrovare i segni di una malattia: la sindrome di Mondor nella Betsabea di Rembrandt (1654); l’esadattilismo nell’Uomo vitruviano di Leonardo (1490), nella Madonna di Casa Santi (1498) e nella Madonna Sistina (1513-14) di Raffaello; la neurofibromatosi di tipo I ne La Camera degli Sposi di Mantegna (1465-1474); l’ipertricosi nel Petrus Gonsalvus di un anonimo pittore tedesco (1580 circa); il tumore al seno nella scultura La notte di Michelangelo (1534). E così via per molte altre malattie come la tubercolosi, l’herpes zoster, la depigmentazione cutanea, il rinofima, l’artrite etc.
Un caso esemplare è il Bacchino malato di Caravaggio (1593), affetto dal morbo di Addison, dal nome del medico britannico che per primo lo descrisse. Ma solo nel 1855, ben 250 anni più tardi!
Bacchino malato, Caravaggio (1593)
Come ha scritto il chirurgo vascolare italiano Paolo Zamboni, nelle pagine del Journal of Thrombosis and Haemostasis (28 April 2020), il modello è pallido, con riflessi scuri in alcune aree della cute; forse ha anche dolori addominali, come fa pensare la posizione curva in avanti; si sta cibando di uva come se avesse bisogno di zuccheri a causa di una possibile ipoglicemia. Inoltre, l’angolo interno dell’occhio, poco irrorato, depone per un’anemia. Il pollice scuro e l’unghia nerastra e opaca (anziché entrambi rosei) rivelano una acantosi nigricans (una condizione in cui la pelle si presenta iperpigmentata, ispessita, vellutata e di colore più scuro rispetto alle zone circostanti).
LETTERATURA E TECNOLOGIA: QUANDO FANTASIA E SCIENZA SI FONDONO
Jules Verne (1828-1905) è considerato, uno dei padri nobili della fantascienza moderna o, come veniva definita all’epoca, “narrativa d’anticipazione”. Guidato da una forte passione per la tecnologia, con i suoi racconti ambientati nell’aria, nello spazio, nel sottosuolo e nel fondo dei mari ha ispirato molti scienziati delle epoche successive.
Nel romanzo Dalla Terra alla Luna (1865), Verne descrive un viaggio a bordo di un proiettile sparato da un gigantesco cannone e uno sbarco sulla Luna. All’epoca questa idea fu contestata da molti scienziati ma, dopo tutto, si trattava di un romanzo d’avventura e di fantascienza. Un po’ più tardi fu pubblicato Intorno alla Luna (1869); questo romanzo va oltre il viaggio e segue le avventure degli eroi sulla Luna.
In Ventimila leghe sotto i mari (1869-1870), Verne immagina un grande sottomarino elettrico, il Nautilus. E il Nautilus non vi ricorda forse il DSV Alvin varato nel 1964? Il Nautilus, come il DSV Alvin, era una propulsione esclusivamente elettrica. Infatti, Verne rifiutò il carbone come combustibile, proponendo invece batterie elettriche (di una composizione chimica sconosciuta) per azionare il congegno. Ciò rende Verne un precursore dei carburanti alternativi. Nello stesso libro scrive di una pistola che dà una forte scossa elettrica, molto simile all’attuale taser.
Gli studi per creare macchine volanti risalgono agli schizzi di Leonardo da Vinci, ma fu verso la fine dell’Ottocento che l’elicottero, come lo conosciamo, cominciò a prendere forma. Nello stesso periodo, Jules Verne pubblicò Robur il conquistatore (1886), un romanzo in cui il personaggio principale costruiva un velivolo di truciolato (quindi aveva grande resistenza e leggerezza allo stesso tempo) che volava tramite rotori, proprio come fanno gli elicotteri moderni. Rotori aggiuntivi a prua e a poppa servivano a spingere il velivolo verso il cielo. Verne prese i prototipi di elicottero esistenti e immaginato come si sarebbero sviluppati.
In un breve racconto scritto nel 1889, La giornata di un giornalista americano nel 2889, Verne descrive un’alternativa ai giornali: “ogni mattina, invece di essere stampato come nell’antichità, l’Earth Herald viene ‘parlato’. È attraverso una vivace conversazione con un giornalista, un personaggio politico o uno scienziato che gli abbonati possono apprendere tutto ciò che capita di interessarli”. Ci vollero molto meno dei mille anni previsti da Verne per avere i primi giornali radio (negli anni Venti) e poi i primi telegiornali (negli anni Quaranta).
Jules Verne era ben lungi dall’essere uno scienziato, ma le sue opere e i progressi che si stavano realizzando all’epoca servirono a introdurre molte delle invenzioni che sarebbero arrivate successivamente e che, nel tempo, sono finite per diventare elementi ordinari della nostra vita quotidiana. Si può quindi sostenere che la letteratura ha fornito la vision alla scienza e tecnologia.
ARTE, SCIENZA E AMBIENTE
La nefologia è una branca della meteorologia che studia le nuvole (dal greco nephos che significa appunto nube, nuvola). Gli cloudspotters (osservatori di nuvole) classificano accuratamente le nuvole una a una, dando loro un’identità (con tanto di descrizione) e seguendo uno schema simile a quello degli organismi viventi, basato su aspetto e altitudine. Si contano 10 gruppi principali o generi (stratus, cumulus, stracumulus, nimbostratus, cumulonimbus, altocumulus, altostratus, cirrostratus, cirrocumulus e cirrus), che a loro volta si suddividono in specie e varietà.
Moltissimi pittori come John Constable, Joseph Mallord, Caspar David Friedrich, Gustave Courbet si sono cimentati all’interno delle loro opere nella raffigurazione delle nuvole. Il primo fra tutti fu Andrea Mantegna.
Il greco Christos Zerefos, specialista in scienze atmosferiche, sostiene che attraverso l’analisi dei colori (soprattutto le quantità di rosso e di verde) dei cieli delle pitture dei paesaggisti si può calcolare lo spessore ottico dell’atmosfera, cioè la quantità di aerosol presente nell’atmosfera al momento in cui la tela è stata dipinta. Conoscere la qualità dell’aria prima della rivoluzione industriale permette di comprendere l’impatto delle attività umane sull’inquinamento. Zeferos si è concentrato, in particolare, sul pittore e incisore inglese William Turner. I pigmenti rossi e verdi che hanno colorato i cieli dei suoi dipinti sono la prima testimonianza dei livelli di inquinamento dell’aria di un paio di secoli fa. All’epoca si sapeva poco e niente circa l’inquinamento e, anzi, nessuno scienziato fino al 1829 si preoccupò di tracciare le polveri nocive che fluttuavano nel cielo. Ai tempi di Turner le fabbriche (con i loro fumi) si moltiplicavano, le locomotive a vapore si diffondevano velocemente, i vulcani continuavano ad esplodere ― come nel caso dell’indonesiano Tambora, che nel 1815 scagliò 36 miglia cubiche di roccia frantumata nell’atmosfera ed ebbe ripercussioni sull’intero pianeta poiché le ceneri fecero più volte il giro della terra trasformando l’anno successivo (il 1816) “nell’anno senza estate”. I ricercatori hanno infatti osservato che i cieli dipinti negli anni successivi alle eruzioni vulcaniche contenevano una maggiore dose di rosso. Dura doverlo ammettere, ma, spesso, i tramonti dai colori bellissimi quanto curiosi che vediamo nei dipinti di Turner – un po’ rossi, un po’ arancioni – sono il frutto dell’inquinamento…
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Feyerabend, Paul K. e Christian Thomas (1989), Arte e scienza, Roma: Armando.
Greco Pietro (2013) (a cura di) Armonicamente. Arte e scienza a confronto, Milano: Mimesis
Odifreddi, Piergiorgio (2023), Arte e matematica, due visioni complementari per descrivere la realtà, in “Le Scienze”, 18 agosto,
Snow, Charles P. (1959), trad. it. Le due culture, Milano: Feltrinelli, 2017.
Autore
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Professore ordinario di Sociologia delle Scienze e delle Tecnologie, presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Per molti anni si è occupato di epistemologia e metodologia della ricerca sociale. Attualmente si dedica allo studio dei “sensi sociali” e di controversie scientifiche nel campo della salute. Per le sue pubblicazioni cliccare il link qui sotto.